Il nome Zýmē proviene dal greco e significa “lievito”, elemento fondamentale nel mondo dell’enologia, ma anche elemento simbolico che richiama la naturalità, valore basilare nel percorso lavorativo ed esistenziale di Celestino Gaspari e il fermento, inteso come attitudine continua alla trasformazione.In sintonia con questa filosofia, il logo dell’azienda rappresenta una foglia di vite in cui è inscritto un pentagono, simbolo dei cinque elementi principali per la produzione del vino: uomo-vite-terra-sole-acqua.

Ristabilire un perfetto habitat dove uomo e natura sono in perfetta simbiosi è, infatti, il punto di partenza e di arrivo di un nuovo umanesimo della terra, di cui Celestino Gaspari e Zýmē si fanno portatori e che ha come obiettivo quello di instaurare un rinnovato rapporto con l’ambiente dove l’uomo è il naturale custode del territorio: colui che lo protegge, ma anche colui che è capace di rinnovarlo, reinterpretandolo.

Ecosostenibilità delle pratiche colturali e leggibilità del prodotto finale attraverso la conoscenza dei processi di produzione e il rispetto dei tempi della natura sono i cardini dell’approccio di Zýmē alla produzione del vino, visto come elemento e simbolo di un vivere semplice e in sintonia con la terra, in un momento storico in cui l’uomo, frastornato dall’opulenza di un falso benessere, rischia la sua stessa sopravvivenza.

Tradizione e innovazione sono i due binari complementari su cui si snoda la produzione di vini Zýmē, dove al rispetto e alla cura dei vini storici della Valpolicella si affiancano l’invenzione e la sperimentazione di nuovi vini che valorizzano e rinnovano il territorio. Cultura, storia, tradizione, innovazione, un bicchiere di vino è tante, molte cose, ma nel cuore di Celestino Gaspari è soprattutto lievito per la mente e per far crescere un progetto: Zýmē.

“Leggibilità è ciò che io chiedo al vino, che in ogni sorso sia racchiusa una storia in osmosi tra la mia identità e la terra che amo, difendo, curo e rinnovo.” Celestino Gaspari

Situata nel cuore della Valpolicella Classica, l’antica cava di arenaria risale al XV secolo e suggella il fortissimo legame tra la filosofia Zýmē e l’identità territoriale.

Paesaggio sotterraneo di potente fascino, spazio ricco di genius loci, essa sancisce la continuità tra il passato della tradizione e il futuro dell’innovazione. 

Luogo di convergenza tra natura, cultura e storia, la cava è la base della cantina Zýmē, la sua ossatura di pietra naturale, l’antro magico dove, anno dopo anno, il vino si affina, fino ad arrivare alla bottiglia.

La nuova cantina Zýmē testimonia la felice alleanza tra natura e cultura, la stessa che sta alla base della produzione del vino visto come eccellente sintesi tra terra, sole, uomo e lavoro. La cantina nasce misurandosi con una realtà preesistente: la cava di pietra calcarea risalente al 1400 d.c., luogo fisico, ma anche simbolico, emblema della sinergia tra natura e storia. Il progetto si sviluppa nel dialogo armonico con la memoria del luogo, cercando di esaltarne le caratteristiche e di venire incontro alle esigenze produttive della genuinità del vino in fase di stoccaggio e di invecchiamento, garantite proprio dall’assenza di luce solare e dalla stabilità termica. Il corpo basamentale è rivestito con la pietra estratta in fase di scavo e attraverso esplicite bucature accompagnate da inserti in acciaio richiama l’ambiente della cava preesistente. Il profilo esterno della cantina e le piantumazioni dei giardini pensili creano un andamento mosso e irregolare che mitiga l’impatto visivo del corpo basamentale e dialoga con equilibrio con il versante dell’anfiteatro collinare di via Cà del Pipa. Vista dall’alto, la struttura della cantina ricorda la forma a pentagono di una foglia di vite, logo di Zýmē.

Dal punto di vista geologico, ci troviamo alle pendici dei contrafforti rocciosi più meridionali dei Monti Lessini; affiorano infatti in quest’area i termini eocenici della successione tipica dei Lessini, rappresentati da calcareniti giallastre, calcari compatti a nummuliti e/o nullipore, calcari marnosi tufacei e calcari terrosi giallognoli.

Propriamente, le litologie che interessano l’area d‘intervento costituiscono la porzione inferiore della formazione succitata, detta anche “Pietra Gallina”; essa è suddivisa in strati regolari di 20 – 50 centimetri di spessore, presenta costantemente un colore oscillante tra il bianco sporco e il giallastro ed un aspetto talvolta arenaceo.